LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       seconda sezione civile 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
        Stefano Petitti - Presidente; 
        Sergio Gorjan - consigliere; 
        Elisa Picaroni - consigliere; 
        Antonio Scarpa - consigliere; 
        Gian Andrea Chiesi - rel. consigliere. 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
12850-2016 proposto da: Fondacci  Fabrizio  (C.F.  FNDFRZ65S14E256M),
rappresentato e difeso, in virtu' di procura speciale a  margine  del
ricorso, dall'avvocato Cristina Ciufoli,  unitamente  alla  quale  e'
elett.te domiciliato in Roma, alla Piazza G. Mazzini n. 8, presso  lo
studio dell'avvocato Simona Bianchi; - ricorrente principale; 
    Contro Ministero della Giustizia, in  persona  del  Ministro  pro
tempore (C.F. 8018440587), domiciliato ope legis in  Roma,  alla  via
dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura generale dello  Stato,  che
lo rappresenta e difende; - ricorrente incidentale; 
    Avverso il decreto della Corte d'Appello di  Firenze,  depositato
17 marzo 2016; 
    udita la relazione della causa svolta nella Camera  di  consiglio
del 29 gennaio 2018 dal Consigliere dott. Gian Andrea Chiesi; 
    Osservato che Fabrizio Fondacci, con ricorso depositato presso la
Corte d'appello di Firenze in data 28 aprile 2015, chiese la condanna
del Ministero della giustizia al  pagamento  dell'indennizzo  per  la
irragionevole  durata  di  un  precedente  giudizio  penale  svoltosi
innanzi al Tribunale di Perugia; 
        che, in particolare, la Corte toscana, con decreto depositato
il 17 marzo 2016, accolse la domanda,  condannando  il  Ministero  al
pagamento, in favore  del  ricorrente,  dell'importo  di  €  1.000,00
(mille/00), oltre interessi e spese di lite; 
        che  per  la  Cassazione  di  quest'ultimo  decreto  Fabrizio
Fondacci  ha  proposto  ricorso,  sulla  base  di  un  solo   motivo,
illustrato  da  successiva  memoria  ex  art.  380-bis.1  codice   di
procedura civile; 
        che  il  Ministero  si  e'  costituito,  svolgendo  difese  e
proponendo, a propria volta, ricorso incidentale, anch'esso  affidato
ad un solo motivo; 
    Considerato che, con l'unico  motivo,  il  ricorrente  principale
denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 91  codice
di procedura civile, e del decreto ministeriale n. 55  del  2014  (in
relazione all'art. 360, n. 3, codice di procedura civile), sostenendo
che la Corte di appello di Firenze, nel determinare  le  spese  della
fase di merito, avrebbe violato le suddette prescrizioni,  pervenendo
ad una liquidazione ben al di sotto  dei  minimi  tariffari,  nonche'
omettendo di liquidare il rimborso forfetario  spese  generali  nella
misura del 15%, I.V.A. e C.P.A.; 
        che con l'unico motivo, il ricorrente incidentale denunzia la
violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2-quinquies,  lettera  e)
della legge  n.  89  del  2001,  come  introdotto  dall'art.  55  del
decreto-legge n. 83 del 2012, conv. con mod. dalla legge n.  134  del
2012, vigente ratione temporis (in  relazione  all'art.  360,  n.  3,
codice di procedura civile,  ma  da  correttamente  riqualificare  in
termini di denunziato error in procedendo, ex art. 360, n. 4,  codice
di procedura civile: cfr. Cassazione, Sez. 1, 3 gennaio 2003,  n.  3,
Rv. 559418-01), per avere la Corte territoriale toscana  riconosciuto
al Fondacci l'indennizzo  per  l'irragionevole  durata  del  processo
presupposto, nonostante l'improponibilita' della domanda,  dovuta  al
mancato deposito, in esso, dell'istanza di accelerazione  contemplata
dalla richiamata norma; 
        che   l'esame   del   ricorso   incidentale    appare,    per
pregiudizialita' logica, preliminare a quello del ricorso principale; 
        che va anzitutto disattesa l'eccezione  -  sollevata  in  via
preliminare dalla difesa del Fondacci nelle memorie ex art. 380-bis.1
codice di procedura civile - di sua inammissibilita' per  tardivita',
considerata  la  tempestivita'  della  consegna  all'Ufficio   N.E.P.
(avvenuta 27 giugno 2016, data cosi' individuata ex art.  155,  comma
5, codice  di  procedura  civile)  del  controricorso  contenente  il
gravame incidentale, rispetto al  momento  di  perfezionamento  della
notifica  del  ricorso  principale  nei  confronti  Ministero  presso
l'Avvocatura Generale dello Stato (16 maggio 2015) e tenuto  altresi'
conto della nullita' della precedente notifica dell'atto introduttivo
dell'odierno giudizio  eseguita  (in  data  13  maggio  2016)  presso
l'Avvocatura  distrettuale   dello   Stato,   con   conseguente   sua
irrilevanza ai fini del rispetto dei termine ex art.  370  codice  di
procedura civile (Cass. 4979/2015); 
        che  -  con  cio'  passando  alla  disamina  del   motivo   -
considerando il 21 settembre 2009 (e, cioe',  il  giorno  in  cui  il
Fondacci, ricevendo la notifica dell'avviso ex art. 415-bis codice di
procedura penale, ha  avuto  conoscenza  diretta  dell'esistenza  del
procedimento a proprio carico: cfr.,  in  termini,  Cassazione,  Sez.
6-2, 20 luglio 2015, n. 15179, Rv. 636085-01) quale  dies  a  quo  ai
fini del calcolo  di  durata  del  processo  penale  presupposto,  il
termine triennale di  «ragionevolezza»  fissato  dall'art.  2,  comma
2-bis, della legge n. 89 del 2001, non era ancora decorso  alla  data
dell'11 settembre 2012 (di entrata in vigore del cit. art.  2,  comma
2-quinquies, lettera e), con conseguente necessita',  ai  fini  della
proponibilita'  della  domanda  di  equa  riparazione,  di   deposito
dell'istanza di accelerazione (Cass., Sez. 6-2, 21 dicembre 2016,  n.
26627, Rv. 641921-01; Cassazione, Sez.  6-2,  17  novembre  2016,  n.
23448, Rv. 641869-01); 
        che, in accoglimento del motivo  in  esame,  dovrebbe  dunque
pervenirsi  alla  declaratoria  di  improponibilita'  della   domanda
proposta da Fabrizio Fondacci, per non avere  questi  depositato  nel
giudizio presupposto (la circostanza e'  incontestata)  l'istanza  di
accelerazione contemplata dal cit. art. 2, comma 2-quinquies, lettera
e («Non e' riconosciuto alcun indennizzo: (...) e) quando  l'imputato
non ha depositato istanza di accelerazione del  processo  penale  nei
trenta giorni successivi al  superamento  dei  termini  cui  all'art.
2-bis»); 
    Ritenuto, tuttavia, di dovere sollevare, siccome rilevante e  non
manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 2-quinquies, lettera e), della  legge  n.  89  del
2001, come introdotto dall'art. 55 del decreto-legge n. 83 del  2012,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012; 
        che, quanto alla rilevanza della  questione,  trattandosi  di
giudizio di equa riparazione instaurato  con  ricorso  depositato  in
data 28 aprile 2015, relativamente ad un processo penale che  -  come
esposto - non aveva ancora superato il termine di durata  ragionevole
al momento di entrata in vigore della norma  in  esame,  quest'ultima
troverebbe piena applicazione, con conseguente improponibilita' della
domanda per mancato deposito dell'istanza di accelerazione; 
        che, quanto alla non manifesta infondatezza, devono essere in
massima parte condivise - ed  estese  alla  vicenda  in  esame  -  le
riflessioni che hanno di recente portato  questa  Corte  a  sollevare
analoga questione di legittimita' costituzionale delle previsioni  in
tema di istanza di prelievo (cfr., ex multis, Cassazione, Sez. 2,  28
novembre  2017,  n.  28403)  nella  patte  in  cui  la  sua   mancata
presentazione  condiziona  raccoglimento  della   domanda   di   equa
riparazione; 
        che, infatti, la Corte europea dei diritti dell'uomo, con  la
sentenza nel caso Daddi c. Italia (n. 15476/09 del  2  giugno  2009),
pur dichiarando il ricorso inammissibile per il  mancato  esperimento
del rimedio giurisdizionale interno, aveva  pero'  preannunciato  che
una prassi interpretativa ed applicativa del decreto-legge n. 112 del
2008, art. 54, comma 2, in tema di istanza di  prelievo,  che  avesse
avuto per effetto quello di opporsi all'ammissibilita' dei ricorsi ex
lege  Pinto  relativi  alla  durata  di  un  processo  amministrativo
conclusosi prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non  fosse  stata
presentata un'istanza di prelievo, avrebbe potuto  essere  di  natura
tale da esonerare i ricorrenti interessati dall'obbligo  di  esperire
il rimedio  interno;  e  che  lo  stesso  sarebbe  valso  per  quanto
riguardava i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione
d'urgenza dell'udienza fosse stata richiesta solo dopo  l'entrata  in
vigore  della  disposizione  in  questione.  In  questi  casi,  aveva
concluso la Corte europea  dei  diritti  dell'uomo,  non  si  sarebbe
potuto escludere che la norma, interpretata dai giudici nazionali nel
senso di escludere  dalla  determinazione  della  durata  soggetta  a
indennizzo i periodi anteriori al 25  giugno  2008,  avrebbe  privato
sistematicamente alcune categorie di ricorrenti della possibilita' di
ottenere una riparazione adeguata e sufficiente; 
        che, piu' recentemente,  con  la  sentenza  emessa  nel  caso
Olivieri  c/Italia  del  22  febbraio  2016  (ricorsi  nn.  17708/12,
17717/12, 17729/12 e 22994), in una fattispecie  relativa  a  giudizi
amministrativi iniziati nel 1990, e per i quali era stata  presentata
la nuova istanza di fissazione dell'udienza ai sensi della  legge  n.
205 del 2000, art. 9, comma 2, ma non anche l'istanza di prelievo, il
che  aveva  determinato  l'inammissibilita'  del  ricorso  per   equa
riparazione, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affrontato  in
maniera diretta il problema dell'effettivita' dell'istanza  nazionale
ex legge n. 89 del 2001 soggetta alla  condizione  di  proponibilita'
del decreto-legge n. 112 del 2008, art. 54, comma 2. In  particolare,
esaminando diacronicamente tale  disposizione,  fino  al  suo  ultimo
testo scaturito dalle modifiche apportate dal decreto legislativo  n.
104  del  2010,  la  Corte  ha  convertito  in  critica  espressa   e
consapevole la riserva formulata con la sentenza resa nel caso Daddi,
chiarendo che: a) ne' dal contenuto della norma, ne'  dalla  relativa
prassi  giudiziaria  si  evince  che  l'istanza  di  prelievo   possa
efficacemente accelerare la decisione in merito alla causa sottoposta
all'esame del tribunale; b) la condizione  di  ammissibilita'  di  un
ricorso «Pinto» previsto dalla legge n. 112 del 2008, art. 54,  comma
2 risulta essere una condizione  formale  che  produce  l'effetto  di
ostacolare l'accesso alla procedura  interna;  c)  l'inammissibilita'
automatica dei ricorsi per equa riparazione,  basata  unicamente  sul
fatto che i ricorrenti non abbiano presentato l'istanza di  prelievo,
priva questi ultimi della possibilita' di  ottenere  una  riparazione
adeguata e sufficiente. 
        che  nella  medesima  circostanza,  richiamata   la   propria
giurisprudenza   sul   principio   di   effettivita'   della   tutela
giurisdizionale, nel senso che e' effettivo  il  rimedio  interno  se
permette di evitare che si verifichi o  si  protragga  la  violazione
dedotta o se permette di'  fornire  all'interessato  una  riparazione
adeguata per tutte le violazioni che si  siano  gia'  verificate,  la
Corte Europea ha concluso nel senso che «la procedura  per  lamentare
la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo,
risultante dalla lettura del decreto-legge n. 112 del 2008, art.  54,
comma 2 in combinato disposto con la legge Pinto,  non  possa  essere
considerata  un  ricorso  effettivo  ai  sensi  dell'art.  13   della
Convenzione»; 
        che,  ancorche'  riferite  alla  disciplina  dell'istanza  di
prelievo, reputa il Collegio che le considerazioni espresse in ordine
alla  necessita'  che  il  rimedio  interno  possa  essere   ritenuto
«effettivo» solo se  permette  di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, si debbano estendere anche  all'istanza  di
accelerazione de qua vertitur. Ed infatti, l'indirizzo espresso dalla
citata  sentenza  Olivieri  c/  Italia,  in  punto   di   valutazione
dell'effettivita'  del  rimedio  interno,  pur  non  avendo  ricevuto
l'avallo della Grand  Chambre,  puo'  ritenersi  ormai  adeguatamente
consolidato, in quanto costituisce il logico e preannunciato sviluppo
del principio gia' espresso nella sentenza sul caso Daddi;  e'  stato
adottato all'unanimita'; non presenta  alcuna  attitudine  innovativa
rispetto alla  tecnica  dell'interpretazione  convenzionale  fin  qui
seguita.  Inoltre,  pur  concernendo,  come  detto,  una  fattispecie
diversa da quella in esame,  si  connota  per  la  generalita'  delle
affermazioni rese, come idoneo ad orientare  l'interpretazione  delle
diverse norme in tema di rimedi interni, collocandosi  coerente,  nel
solco della giurisprudenza di detta Corte Europea  sul  principio  di
effettivita'; 
    Rilevato  che,   con   specifico   riferimento   all'istanza   di
accelerazione  del  processo  penale  di  cui   all'art.   2,   comma
2-quinquies, lettera e) della legge n. 89/2001, risulta evidente  che
la previsione di un siffatto strumento  sollecitatorio  non  sospende
ne' differisce il dovere dello Stato di dare corso al procedimento e,
dopo l'esercizio dell'azione penale, al processo, in caso  di  omesso
esercizio dello stesso, ne' implica il trasferimento  sul  ricorrente
della responsabilita' per il superamento del termine ragionevole  per
la definizione  del  giudizio,  salva  restando  la  valutazione  del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del lamentato pregiudizio (cosi', e  per  tutte,  Cassazione,
Sez. U., 23 dicembre 2005, n. 28507, Rv. 586702-01); 
        che risulta quindi evidente,  in  assenza  di  previsioni  da
parte del legislatore di strumenti, anche di tipo ordinamentale,  che
correlino alla proposizione dell'istanza di accelerazione de qua, una
differente considerazione  della  vicenda  processuale,  al  fine  di
assicurare una tendenziale sollecita definizione, che  la  previsione
normativa in esame si risolva nell'imporre al ricorrente di prenotare
gli effetti della riparazione per l'irragionevole durata del processo
e peraltro in un momento in cui (dovendo essere presentata nei trenta
giorni successivi al superamento del termine di  durata  ragionevole)
il ritardo non ha ancora assunto un'entita' tale  da  legittimare  la
richiesta indennitaria (tenuto conto  di  quanto  disposto  dall'art.
2-bis, comma 1, della stessa legge n. 89, che prevede che il  ritardo
per  essere  indennizzato  debba  eccedere  una  frazione   dell'anno
superiore a sei mesi). 
        che, se per la giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell'uomo il rimedio interno deve garantire o la  durata  ragionevole
del giudizio o l'adeguata riparazione della violazione  del  precetto
convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si  frapponga  rende  non
effettivo il  rimedio  stesso,  essendo  quindi  necessario  che  sia
efficacemente  sollecitatorio,   l'istanza   di   accelerazione   non
garantisce alcun effetto siffatto, ma risulta puramente  dichiarativa
di un interesse altrimenti  gia'  presente  nel  processo  ed  avente
copertura costituzionale. 
        che, in  assenza  della  possibilita'  di  un'interpretazione
convenzionalmente orientata di tale norma che non  si  traduca  nella
sua sostanziale e intera disapplicazione, essendo contraddittoria  la
stessa configurazione dell'istanza di accelerazione quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria, anche in relazione all'indennizzo
dell'ulteriore ritardo nella  definizione  del  processo,  successivo
all'entrata  in  vigore  della  norma,  cosi'  come  configurata  dal
legislatore,  ne  discende  la  non  manifesta   infondatezza   della
questione  di  legittimita'  costituzionalita'  dell'art.  2,   comma
2-quinquies, lettera e), della legge n. 89 del 2001, come  introdotto
dall'art. 55, comma l, lettera a), n. 2 del decreto-legge n.  83  del
2012, convertito modificazioni dalla  legge  n.  134  del  2012,  per
contrasto con l'art. 117 Cost., comma 1,  in  relazione  all'art.  6,
par. 1, art. 13 e art. 46, par. 1, della Convenzione europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
nella parte in cui, relativamente ai giudizi penali in cui il termine
di durata ragionevole di cui all'art. 2-bis della  legge  n.  89/2001
sia stato superato in epoca successiva alla sua entrata in vigore,  e
per la loro intera durata, subordina la proponibilita' della  domanda
di equa riparazione per l'irragionevole durata  dei  processi  penali
alla presentazione dell'istanza di accelerazione.